Gli abstract pubblicati sono in inglese per i seminari che sono stati condotti in lingua inglese e in italiano per i seminari che sono stati condotti in lingua italiana
Marco Aime
Antropologo e scrittore italiano, insegna antropologia culturale presso l'Università di Genova. Ha partecipato alle edizioni 2007 e 2008 del Festival della Mente di Sarzana e alle edizioni 2004, 2007 e 2009 del Festivaletteratura di Mantova. Ha vinto il Premio Chatwin. Ha condotto ricerche in Africa occidentale e sulle Alpi. Oltre a numerosi articoli scientifici, ha pubblicato molti saggi antropologici.
Guiderà il workshop
Convivere con le diversità
Abstract
Parole come cultura, identità, etnia, razzismo riempiono sempre di più i discorsi dei politici, le colonne dei giornali, i dibattiti televisivi. Talvolta vengono usate in modo non corretto o peggio strumentalizzate a fini politici e spesso se ne abusa. La sempre maggiore enfasi posta sulle culture e sulle loro presunte radici conduce a una crescente attenzione verso il locale e i localismi, alcuni dei quali vengono poi impugnati da qualche élite dotata di sufficiente potere e caricati di aspirazioni globali. Molti dei cosiddetti «conflitti culturali» che sembrano caratterizzare la nostra epoca, spesso sotto la patina della cultura celano ben altre spinte, ben altri interessi.
A incontrarsi o a scontrarsi non sono “culture”, ma persone. Se pensate come un dato assoluto, un recinto invalicabile le culture rischiano di sostituire il vecchio concetto di razza nei processi di costruzione e discriminazione dell’altro. Ogni identità è fatta di memoria e oblio e piuttosto che nel passato, va cercata nel suo divenire presente.
Daniele Archibugi
Dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), affiliato all’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS) e professore di Innovation, Governance and Public Policy all’Università di Londra, Birkbeck College, Department of Management. Si occupa di economia e politica del cambiamento tecnologico e di teoria politica delle relazioni internazionali.
Guiderà il workshop
Verso una democrazia cosmopolitica
Abstract
La democrazia è nata come forma di gestione della politica in comunità ristrette. Nelle polis greche, tutti gli individui si conoscevano di vista e non era per loro difficile riunirsi, discutere e decidere. Ma più di due secoli fa, la democrazia è stata re-inventata al fine di adattarsi a comunità politiche della dimensione dei moderni stati-nazione.
Oggi questa forma di democrazia è in crisi. Gli stati nazionali sono diventati troppo piccoli per le cose grandi e sono troppo grandi per le cose piccole. La conseguenza è che molti aspetti della nostra vita quotidiana – le crisi finanziarie e le epidemie, i flussi migratori e il commercio – sono stati sottratti al controllo democratico esercitato dai cittadini.
Può la democrazia diventare la modalità di gestione della società globale? Per continuare ad esistere, la democrazia ha bisogno di trasformarsi nuovamente, espandendosi alle organizzazioni internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite e all’Unione Europea. Ma deve anche trovare forme di gestione del potere che consentano a comunità locali o non territoriali di poter discutere e decidere su questioni che riguardano la propria vita. La democrazia cosmopolitica non ambisce solamente a trasferire la democrazia dalla sfera nazionale a quella globale, ma ad operare una rifondazione delle modalità di gestione del potere. Un tale radicale cambiamento porterebbe la globalizzazione dei nostri tempi ad essere qualcosa di diverso da una serie di processi incontrollati, aprendo la strada ad una società cosmopolitica, nella quale gli individui possano agire come autentici cittadini del mondo.
Riferimenti bibliografici
Daniele Archibugi, Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica, Il Saggiatore, Milano, 2009.
Seyla Benhabib, Cittadini globali, Il Mulino, Bologna, 2008.
Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1984.
David Held, Democrazia e ordine globale, Asterios, Trieste, 1999.
Luca Scuccimarra, I confini del mondo. Storia del cosmopolitismo dall'Antichità al Settecento, Il Mulino, Bologna, 2006.
Laura Boella
Professore ordinario di Filosofia Morale presso L’Università degli Studi di Milano e membro del Comitato Etico. Nota al grande pubblico per le sue ricerche su Hannah Arendt. Le sue pubblicazioni riguardano innanzitutto il marxismo critico e la filosofia dell’utopia, visti nel contesto della filosofia classica tedesca, dello storicismo e delle scienze della cultura, nonché della fenomenologia e della filosofia dell’esistenza.
Guiderà il workshop
Educare all'empatia
Abstract
L'empatia é una capacità umana, le cui basi neurobiologiche sono attualmente oggetto di numerosi studi sperimentali. Educare all'empatia implica pertanto innanzitutto conoscere questa decisiva risorsa, di cui tutti siamo dotati, per poterla praticare. Ciò significa gestire attivamente e quindi esercitare una competenza relazionale che non può essere scambiata né con un automatismo cerebrale , tantomeno con un "sentimento" di partecipazione o condivisione. L'empatia mette in gioco il fatto che siamo originariamente in relazione con altri e altre. La nostra esperienza é relazionale, cioè vissuta alla presenza di altri, in un mondo comune. Educare all'empatia non può dunque voler dire acquisire una tecnica di comunicazione e magari di manipolazione della mente altrui o sviluppare sentimenti solidali o altruistici. Educare all'empatia implica acquisire il valore dell'altro, della sua presenza accanto a me sulla scena del mondo, come elemento essenziale della formazione della mia soggettività e come stimolo all'ampliamento della mia esperienza verso sentieri non battuti, altre possibilità d'essere. Verrà sviluppata la via che ritengo principale per educare all'empatia: l'immaginazione.
Giancarlo Bosetti
Docente di giornalismo politico all’Università di Roma La Sapienza e collaboratore con “La Repubblica”. Laureato in filosofia è stato vicedirettore dell’”Unità”. Ha fondato nel 1993 la rivista “Reset” di cui è direttore.
Ha preso a bersaglio soprattutto le posizioni conservatrici, etnocentriche e razziste, che ostacolano in Europa l’integrazione degli immigrati e il dialogo interculturale, e da ultimo ha attaccato in modo pungente anche la sordità dell’estremismo laicista.
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Religioni e laicità
Abstract
Tra i concetti che la globalizzazione evoca e costringe a inventare per descrivere i problemi del mondo contemporaneo e le idee per affrontarli quello di “intercultura” è destinato a prevalere su altri, forse anche su quello più noto “multiculturalismo”, per il quale tuttavia è bene opporsi a una messa in caricatura, come quella operata da diversi primi ministri dell’Europa odierna, i quali propongono di accantonare il «il multiculturalismo» in quanto dottrina accusata di «incoraggiare le diverse culture a vivere separatamente». In verità il multiculturalismo, concetto che può ben descrivere la cultura politica che ispira le politiche di rispetto per le differenze culturali, come per esempio negli Stati Uniti e non solo in Canada, non ha avuto solo interpretazioni estremiste della separatezza, dei ghetti, dell’isolamento di comunità tribali nello spregio dei diritti individuali. In questo caso meglio sarebbe parlare di “somma di monoculturalismi” o «multi-comunitarismo», perché il multiculturalismo è anche una cultura dell’”integrazione”. Tuttavia il concetto si presta a qualche equivoco, in particolare comporta il rischio che le differenze culturali vengano assunte come un dato permanente, come una essenza cristallizzata o cristallizzabile, facendo dimenticare che ogni cultura umana è continuamente in evoluzione e soggetta a cambiamenti, che derivano dalle relazioni di convivenza, conflitto, scambio con le altre culture. Il campo dello sviluppo della ricerca teorico politica dovrà dunque bene indirizzarsi in direzione del “pluralismo”, non solo quello politico, attributo primario delle società libere, ma proprio “culturale”, che possiamo anche definire “pluralismo forte” o “profondo”. E avremo certamente bisogno dell’idea “interculturale “ per descrivere un pluralismo che mette l’accento sui rapporti di reciproca interpenetrazione, dialogo, contrasto e sulle permanenti modificazioni che sono indotte da questo intreccio. Nessuna cultura è data senza relazioni interculturali e la “interculturalità” è destinata a diventare probabilmente la parola che meglio descrive l’ideologia necessaria per affrontare i problemi della convivenza e dell’integrazione. Il tema che mi propongo di sviluppare ulteriormente è quello dell’apporto che al pluralismo culturale deriva dalla presenza di diversità religiose nella sfera pubblica. Mentre la tradizione liberale standard tende a sottolineare la necessità di affermare i diritti individuali, specie quelli soggettivi (la scelta), nei confronti non solo dell’autorità dello stato, ma anche contro l’invadenza delle autorità spirituali e religiose con i loro principi non negoziabili, una prospettiva più accogliente per le religioni (postsecolare con Habermas, multiculturale con Taylor, ma anche pluralista alla maniera del liberalismo politico di Rawls) si accompagna a una maggiore attenzione per i diritti dei gruppi e delle culture, alzando l’asticella delle difficoltà oltre lo standard cui si era assuefatto nella sua lunga battaglia contro la Chiesa il liberalismo laico. La presenza delle religioni nella sfera pubblica e la loro visibilità diventano un vero “test” di pluralismo, prospettando una discussione pubblica diversa da quella cui l’Europa era abituata. Nel nuovo scenario pluralista diventano centrali i temi simbolici degli edifici religiosi e dell’abbigliamento e il liberalismo riscopre un altro suo valore cruciale, che era stato messo in disparte nel mondo monoculturale e anche nella tradizione illuministica “monista”, quello del trattamento delle minoranze e delle garanzie della loro libertà, in un’era in cui tutte le culture e religioni tendono a diventare minoranze.
Paolo Branca
Laureato in Lingua e Letteratura Araba presso la Facoltà di Lingue Orientali dell'Università degli Studi di Venezia - Ca' Foscari, nel marzo del 1982. Diplomato in Lingua Araba presso l'Istituto per il Medio e l'Estremo Oriente (IsMEO) di Milano. Dal 1989 è inquadrato come Ricercatore in Islamistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dall'anno accademico 1998/99 ha l'affidamento di Lingua e Letteratura Araba presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E' stato relatore in numerosi incontri e seminari di studio sull'Islam ed ha prodotto varie pubblicazioni su questo tema.
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Islam e cosmopolitismo
Abstract
Pur nato in ambiente prettamente arabo, l’islam è divenuto rapidissimamente una religione universale, espandendosi oltre la sua terra d’origine e costituendo un grande impero sovranazionale, che oggi diremmo multiculturale. Nei suoi primi secoli di vita, all’apice della propria fioritura, ha operato una mirabile sintesi di tradizioni differenti, chiamate ad amalgamarsi – non sempre facilmente – in un nuovo contesto estremamente dinamico e interessato anche da tensioni e conflitti.
L’impatto con la modernità è stato invece più problematico per una serie di circostanze che ancora gravano pesantemente su molte aree musulmane e sui rapporti tra l’islam e le altre civiltà, specialmente con quella occidentale. Nel grande patrimonio classico, tuttavia, non mancano esempi e modelli che potrebbero essere riattualizzati, particolarmente da parte dei musulmani che vivono tra di noi. Una rinnovata e riconciliata memoria condivisa potrebbe aprire orizzonti inediti di scambio e arricchimento reciproci.
Gian Paolo Calchi Novati
Ricercatore, fra gli altri, all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano e al Center of African Studies di Boston e dell’UCLA di Los Angeles. E’ stato direttore dell’IPALMO a Roma. Visiting professor all’Università di Addis Abeba, ha tenuto corsi e seminari alle Università di Milano, Pisa, Urbino, Tunisi, Nairobi e Città del Messico. E’ titolare all’Università di Pavia della cattedra di Storia e Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici presso la Facoltà di Scienze Politiche, Direttore del Dipartimento di studi politici e sociali e responsabile della laurea specialistica in Studi Afro-Asiatici. Campi di ricerca: Colonialismo e decolonizzazione in Africa e Medio Oriente; Stato e nazione nel Corno d’Africa; Crisi dello Stato postcoloniale; Il Terzo mondo nelle relazioni internazionali.
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Cosmopolitismo in una prospettiva africana. Il valore di una storia e di una cultura.
Francesco Cavalli Sforza
Autore, regista, divulgatore scientifico. Con il padre Luca Cavalli-Sforza, genetista, ha pubblicato Chi siamo – la storia della diversità umana (Mondadori, 1993), Razza o pregiudizio? – l’evoluzione umana fra natura e storia (Einaudi Scuola, 1996), La scienza della felicità – ragioni e valori della nostra vita (Mondadori, 1997), Perché la scienza – l’avventura di un ricercatore (Mondadori, 2005) e alcuni corsi di scienze per la scuola media ed il biennio (Einaudi Scuola, 2003-09). Insegna Genetica e Antropologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Collabora con La Repubblica. Ha in pubblicazione un corso di biologia per le scuole superiori (Biologia per capire, Einaudi Scuola, 2011).
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Scienza e cosmopolitismo
Abstract
Le società contemporanee sono il prodotto di migrazioni e stratificazioni successive, a partire dalla grande espansione, iniziata 60.000 anni fa, che ha portato l’uomo moderno a diffondersi sull’intero pianeta, seguita poi dai vasti movimenti di popoli che si sono verificati in età storica, fino alle estese migrazioni che contrassegnano questo secolo. Ciascuna società, ogni cultura, percorrendo le strade che è riuscita a individuare, ha sviluppato propri caratteristici strumenti di interazione fra i suoi componenti e con l’ambiente. La nozione di cosmopolitismo nasce in epoca classica, quando diverse civiltà si affacciano alle sponde del Mediterraneo e si scambiano merci, costumi e istituzioni. Oggi il cosmopolitismo è una scelta obbligata: la stessa varietà e diversità delle culture, che è prodotto dei modi in cui l’umanità ha saputo gestire la propria esistenza, racchiude possibili soluzioni alle sfide del presente. Ben più delle differenze biologiche, la molteplicità delle culture è la migliore garanzia per il futuro della specie umana.
Adolfo Ceretti
Professore Ordinario di Criminologia presso l’Università di Milano-Bicocca. Ha percorso itinerari di ricerca scientifica che vanno dal rapporto tra epistemologia e scienze umane alla giustizia minorile, dalla funzione della pena alla mediazione in ambito penale. Oltre alle diverse mediazioni cha ha svolto e svolge, ha ricevuto incarichi quali quelli di componente esperto della Sezione (poi Tribunale) di Sorveglianza presso la Corte di Appello di Milano; componente privato del Tribunale per i Minorenni di Milano; membro (dal 2002 al 2008) della “Commissione di studio su Mediazione Penale e Giustizia Riparativa” istituita presso il Ministero della Giustizia; consulente dell’UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute).
Guiderà il workshop
Pluralismo etico: conflitti e dissidi sociali
Abstract
Nelle sfere politiche e sociali delle società occidentali contemporanee incontriamo infiniti dilemmi riguardanti questioni etiche/politiche assai distanti tra loro, quali l’eutanasia, le aspettative di vedere (o di non vedere) riconosciuti in luoghi pubblici i propri (o altrui) simboli religiosi (Crocifisso) o di appartenenza religiosa (il velo islamico). Detto altrimenti, ci si imbatte in punti di vista che difficilmente possono trovare una sintesi, o un compromesso, anche all’interno di “un universo” gruppale, etico, politico, religioso ritenuto, almeno al suo esterno, omogeneo. Ciascuna prospettiva, al contrario, appare spesso ragionevole sotto alcuni, più o addirittura molti aspetti, ma certamente non tutti. Un punto dal quale prendere le mosse per il nostro workshop è dunque il fatto che le contese su questi “nodi” superano spesso l’occasione di singole vicende, investono i valori e si traducono molte volte in una contestazione della competenza dello Stato a decidere liberamente in materie fondamentali.
Far con-vivere più visioni etiche dandosi delle norme su materie che sono ritenute cruciali per ciascuna “parte sociale”, per ciascun “gruppo”, è forse la mission più delicata delle democrazie tardo-moderne.
È qui che nascono conflitti e dissidi che investono cittadini e istituzioni. Come affrontarli.
Fred Dallmayr
Docente nel dipartimento di filosofia e scienze politiche dell’Università di Notre Dame, ha avuto modo di insegnare anche presso l’Università di Amburgo, alla New School for Social Research di New York e al Nuffield College a Oxford. È stato presidente della Society for Asian and Comparative Philosophy (SACP) ed è inoltre membro dell’International Coordinating Committee of “World Public Forum – Dialogue of Civilisations” e di “RESET – Dialogue on Civilisation". Tra le sue pubblicazioni: "Dialogo tra le Culture", Palgrave 2002; " Peace Talks - Who Will Listen?”, Notre Dame Press 2004; "In Search of the Good Life", U. of Kentucky Press 2007; "Integral Pluralism: Beyond Culture Wars", Kentucky Press 2010. E’ anche socio presso l'Istituto di Studi di Pace Internazionale Kroc a Notre Dame e presidente onorario del Comitato di Coordinamento Internazionale "World Public Forum - Dialogue of Civilizations ".
Guiderà il workshop
Varieties of Cosmopolitanism
Abstract
"Cosmopolitanism" has become a popular and widely used term in contemporary literature; however, it is not quite clear what is
meant by this term. My aim is to explore the meaning or possible meanings of the term. A promising way to proceed in this inquiry is to delineate first of all the variety of types or modalities of the "cosmopolitan" idea. For purposes of discussion I distinguish tentatively between seven modes of cosmopolitanism: (1) world state (unitary or federal); (2) absolute (Stoic) universalism; (3) Kantian moral universality; (4) liberal-individualist approach; (5) agonistic cosmopolitanism; an (7) dialogical or hermeneutical
cosmopolitanism. I shall sketch the main features and the strengths and weaknesses of these types. In my own writings I have given preference to the dialogical approach (sometimes captured by the phrase "dialogue among civilizations").
Josè Pascal Da Rocha
Professore presso la Columbia University e mediatore delle Nazioni Unite presso il Dipartimento degli affari politici. Ha maturato ampie competenze in risoluzione dei conflitti dal 1991 ed ha costantemente ampliato le sue conoscenze in ambito aziendale. Oltre ad essere coinvolto in missioni di intervento in situazioni di crisi, insegna risoluzione dei conflitti e negoziazione alla Columbia University, presso la Facoltà di Giurisprudenza e presso l'Università di Norwich, UK. Il suo ultimo libro "Il compito della convivenza interculturale": un saggio su uguaglianza, diversità e l'integrazione sul luogo di lavoro (a cura di Ozbilgin), Edward Elgar Press, 2009.
Guiderà il workshop
Social conflict resolution and intercultural dialogue
Abstract
Typically, individuals articulate their needs, interests, and rights through the formation of collective groups that advocate, compete or collaborate for the preservations of those needs. In Conflict Resolution, the social conflict is understood as an event evolving from and producing changes in the personal, relational, structural, and cultural dimensions of human experience. This workshop will be discussing these dimensions in order to assess entry points for improved social relations and interconnection between individuals, groups and generations. It will also present notions of conflict transformation and enhanced dialogue and deliberation in order to strengthen the weaving of social fabric in challenged communities of today's world. This workshop is intended for intermediate and advanced target audiences of humanities, social sciences, political sciences, law, and all practitioners working as agents of change in societies and cultures. The workshop will be held in English and it will incorporate a facilitative mechanism.
Vishakha N. Desai
Presidente e CEO dell’Asia Society, un'organizzazione educativa internazionale dedicata al rafforzamento dei collegamenti tra i popoli di Asia e Stati Uniti. Si occupa di impostare le direttive nei programmi dell’organizzazione nei settori della politica, affari, arte, cultura e istruzione in tutta la vasta rete di centri regionali dell’ Asia Society sia negli Stati Uniti che in Asia, compresa la sede centrale di New York. E’ spesso invitata come relatore e partecipante ad importanti conferenze in giro per il mondo riguardanti il business, la politica e le questioni culturali.
Guiderà il workshop
Intercultural education in the framework of ASIA Society
Abstract
Preparing the next generation to be globally competent and globally literate. In the context of rapidly changing global dynamics, greater interconnectivity and inevitable shift of global power to multiple centers including Asia, our students need to be prepared in a radically different way from the way they have been traditionally taught. I plan to discuss the importance of cultural literacy in the 21st century education work. I will highlight Asia Society’s global competence work from the vantage point of both equity and excellence in education.
Alessandra Facchi
Professore straordinario presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Milano, dove insegna Teoria generale del diritto e Storia dei diritti soggettivi. Dal 1995 al 2005 ha insegnato Sociologia del diritto e Filosofia del diritto alle Facoltà di Giurisprudenza e Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna e Diritti umani e Diritti delle donne per il Master in Pari Opportunità, Università di Milano. Fa parte del Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Filosofia del diritto, Università di Milano. Tra le sue pubblicazioni più recenti: I diritti nell’Europa multiculturale (Laterza, 2001, ed. spagnola, La Ley - UBA, 2005); Breve storia dei diritti umani (Il Mulino, 2007)
Guiderà il workshop
Diritti umani e questioni di genere
Abstract
“I diritti delle donne sono diritti umani”, quest’affermazione diffusasi a partire dalla Dichiarazione di Pechino delle Nazioni Unite del 1995 (http://www.un.org/womenwatch/daw/beijing/platform/declar.htm), è l’approdo di un lungo percorso. Essa non soltanto ribadisce che le donne sono titolari dei diritti umani, ma afferma la specificità dei diritti delle donne rispetto ai diritti dell’uomo, una specificità che caratterizza le loro origini, i loro sviluppi storici, le loro attuali configurazioni e garanzie. In tutto il mondo i diritti delle donne si sono consolidati come un riferimento fondamentale non soltanto nel dialogo politico e istituzionale sovranazionale, ma anche all’interno delle società nazionali come espressione di rivendicazioni di associazioni e movimenti femminili. I diritti umani delle donne hanno tuttavia mostrato di essere un terreno particolarmente influenzato dal pluralismo culturale e religioso; si tratta dunque di un terreno in cui dialogo interculturale e prospettiva di genere devono unirsi per delineare contenuti e tutele dei diritti che non accentuino il conflitto ma permettano la conciliazione tra le diverse appartenenze delle persone.
Francesco Favotto
Professore di Economia Aziendale presso la nuova Facoltà di Economia dell’Università di Padova. Dopo la Laurea in Economia e Commercio a Cà Foscari, Venezia, ha lavorato in Finlandia e Svezia e ha approfondito gli studi presso le Scuole di Management di Berkeley in California e del MIT di Boston. Nel 1971 inizia ad insegnare economia aziendale presso l’Università di Padova, ateneo in cui ricopre nel corso degli anni diverse cariche: Direttore di Dipartimento, Preside di Facoltà e ProRettore. Nel 2002 ha avviato con l’Università del Michigan, Dearborn, una Scuola estiva di Management e con l’Università di Versailles un “Master internazionale in Business and Management”, specializzazione Profumeria e Cosmetica. Attualmente è anche presidente del Corso di Laurea interfacoltà in “Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione”, membro del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) e consigliere di amministrazione in alcune società, tra cui la Banca Cassa di Risparmio di Firenze (gruppo Intesa Sanpaolo). Dal 2009 è Presidente dell’Associazione Intercultura.
Tavola rotonda conclusiva
Thierry Gaudin
Ingegnere e dottore in scienze dell’informazione e della comunicazione, esperto internazionale (OCSE, Commissione Europea, Banca Mondiale) in politica dell’innovazione da una parte e di prospettiva dall’altra. Principalmente conosciuto in Francia per due pubblicazioni: “L’écoute des silences, les institutions contre l’innovation” e “2100, récit du prochain siècle”. Nel 1993 crea “Prospective 2100”, associazione internazionale con l’obiettivo di studiare programmi universali per il XXI secolo.
Guiderà il workshop
The future of religions
Bettina Gehrke
Docente di Organizzazione e Management delle Risorse Umane alla Bocconi School of Management. I suoi insegnamenti e le sue ricerche si concentrano sul capire ed analizzare in profondità la complessità delle differenze culturali. Negli ultimi decenni ha lavorato soprattutto con aziende multinazionali per la progettazione di programmi su misura per lo sviluppo manageriale e per facilitare il cambiamento durante il loro processo di internazionalizzazione. Uno degli aspetti più importanti dei suoi studi è lo sviluppo delle competenze in leadership interculturale
Guiderà il workshop
"Marking Global Citizen": the role of teaching and learning
Abstract
University students are growing up in a multicultural world, and it is important that their experiences and learning prepare them for this. Universities have responded to these needs: international exchange programs, multicultural student classes, international management courses, global perspectives and issues as integral part of textbooks.
But is it enough to bring a global dimension to the curricula? Are the knowledge and the understanding of the impact of globalization enough to take the future responsibilities for Global Citizenship? Do we teach our students to become proactive in making the world a more sustainable place? Are they prepared to manage the complex connections across societies?
In this workshop we will discuss how global citizenship could become a core of the education system. Ideas will be developed of how universities could become showcases of global citizenship. In particular, we will focus on how to teach students the necessary values, attitudes and intercultural competencies.
Jagdish Gundara
Professore Emerito presso l’Institute of Education della University of London. Detiene la cattedra UNESCO di Studi Interculturali e Formazione degli Insegnanti alla School of Culture and Lifelong Learning. E’ membro fondatore e presidente della International Association of Intercultural Education. Tra le sue pubblicazioni:Interculturalism, Education and Inclusion.
Guiderà il workshop
Intercultural education in the framework of UNESCO
Paolo Inghilleri
Professore Ordinario di Psicologia Sociale, è Direttore del Dipartimento di Geografia e Scienze Umane dell'Ambiente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. I suoi interessi di ricerca riguardano la relazione tra biologia, mente e cultura, lo studio dell’esperienza ottimale, la creatività, la psicologia culturale, la psichiatria transculturale, la psicologia ambientale. E’ autore di sette volumi e di più di 80 articoli pubblicati su riviste italiane e internazionali.
Tavola rotonda conclusiva
Ramin Jahanbegloo
Filosofo apprezzato, professore di Scienze Politiche presso la University of Toronto, ha ricoperto vari ruoli accademici come docente e ricercatore in Canada, India e Iran. Nel 2009 vince il “Peace Prize” dal “United Nations Association” in Spagna per i suoi studi accademici, per la promozione del dialogo tra le culture e la sua vocazione alla non violenza. Dal 1992 ad oggi ha prodotto una ventina di pubblicazioni in inglese, francese e farsi.
Guiderà il workshop
Is cosmopolitanism a common horizon for humanity?
Abstract
In 1539, the Spanish theologian Francisco de Vitoria delivered a now celebrated lecture at the University of Salamanca with the title “On the American Indians.” He began with a question: “By what right (ius) were the barbarians subjected to Spanish rule?” Though imperialistic in nature, Vitoria was also drawing on a long ancient and humanistic discourse in favor of a peaceful access to all parts of the world, itself Stoic in origin. We all therefore can be said to possess as humans an innate urge to a shared humanity. As Kant also remarked “a universal cosmopolitan existence” was the “highest purpose of nature,” and the “matrix within which all the original capacities of the human race may develop. As it turns out, the Gandhian moment of cosmopolitan citizenship has been a constant experimentation with modes of cross-frontier cultural constellations. The capacity to engage constructively with conflicting values is an essential component of practical wisdom and empathetic pluralism in Gandhian nonviolence. Needless to say, in an age of increasing globalization, we need to reevaluate the two concepts of “citizenship” and “cosmopolitanism.” In other words, the limited scope of citizenship with its preoccupation with Western philosophy preclude any further exploration of the possibilities in which to capture the wider range of cosmopolitan citizenship beyond the Western paradigm of cosmopolitanism a la Kant. It would be wrong to suggest that “cosmopolitanism” is only thinkable in the context of European civilization or European thought. To put it another way, it is an error to hope that we can ever achieve a truly cosmopolitan vision without an intercultural approach to the idea of civilization.
Marialuisa Lavitrano
Professore Associato in Patologia Generale e Immunologia presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. Ha focalizzato le sue ricerche principalmente nel campo della medicina molecolare e sullo studio dei meccanismi di modificazione molecolare di cellule ed animali. Il suo lavoro è stato definito come una “milestone in science” e ha aperto un nuovo filone di ricerca che ha consentito la generazione di animali geneticamente modificati. Negli ultimi dieci anni ha concentrato i propri studi su trapianti, malattie cardiovascolari neurodegenerative e neoplastiche. Oltre alle problematiche scientifiche ha anche rivolto il proprio interesse verso questioni bioetiche ed è stata incaricata di rappresentare l’Italia in una delle Commissioni di Bioetica del Consiglio d’Europa e nella Commissione Bioetica della Pontificia Accademia per la Vita del Vaticano.
Tavola rotonda conclusiva
John R. Lupien
Già Direttore della Divisione Cibo e Nutrizione della FAO, è professore aggiunto di Scienze alimentari all'Università del Massachusetts, professore aggiunto di Nutrizione alla Pennsylvania State University e di scienze alimentari e nutrizione alla Zhejiang University di Hangzhou (Cina). Ha lavorato per la FAO, per la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ed ha formulato proposte per oltre 50 Paesi su come attuare politiche in ambito di qualità del cibo, sicurezza e nutrizione. E' fondatore della International Academy of Food Science and Technology e Presidente del Comitato Scientifico del European Food Information Council (EUFIC).
Guiderà il workshop
Environment, food culture, quality, safety, nutrition and urbanization
Abstract
The world population has more than tripled in the last 70 years, and is projected to grow from the present 6.5 billion to 9-10 billion people by the year 2150. At the same time, urban areas have grown dramatically with overall increased population and migration of rural populations to urban areas. At present more than 50% of the world’s population live in urban areas. Increased overall population, urbanization and better economic circumstances all have important implications for sustainability of favorable environmental conditions, including climate change, changes in food cultures, and problems of food quality, safety and nutrition. At present more that one billion suffer from lack of access to adequate amounts of food, with resulting high rates of infant mortality and a wide range of malnutrition problems among infants, children, teens and adults. At the same time, and in many countries, health related problems of non-communicable diseases in overweight and obese individuals, with a WHO global estimate of about one billion people affected. Awareness and knowledge of these problems, and effective solutions is urgently needed by all, especially the young who will have to try to combat these problems over the years to come.
Susanna Mantovani
Professore Ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all'Università degli Studi di Milano Bicocca dove dal 2007 è Pro-rettore Vicario.
La sua attività di ricerca nel contesto nazionale e internazionale riguarda lo sviluppo infantile nei contesti educativi, le politiche per l’infanzia e la famiglia, l'educazione interculturale, la formazione degli adulti, le nuove tecnologie. E’ membro del Comitato Scientifico della Fondazione Intercultura Onlus e del Consiglio Direttivo del Comitato Unicef Italia. Ha partecipato al progetto OCSE Starting Strong ed è stata consulente di numerosi progetti della Fondazione Bernard Van Leer. Fra le ricerche più recenti: La scuola che vorrei. La voce dei giovani sulla scuola (finanziata dalla Fondazione Intercultura); Children Crossing Borders. Children of Immigrants in Early Childhood Settings in Five Countries, A Study of Parents and Staff Belief (www.childrencrossingborders.org) e Facilitating Dialogue between Parents and Teachers (entrambe finanziate dalla Fondazione Van Leer); Bambini e Computer ( finanziata dalla Fondazione IBM)
Tavola rotonda conclusiva
Vahid V. Motlagh
Membro della World Futures Studies Federation e membro del consiglio della Shaping Tomorrow's Foresight Network. Dal 2000 è stato un blogger attivo e nel 2003 ha trasformato il suo weblog in un sito web, VahidThinkTank.com, per condividere più facilmente la sua conoscenza con gli altri iraniani e le persone di lingua farsi. E’ stato per dieci anni un analista di scenari di pianificazione strategica, editor, e traduttore ed è stato anche il redattore capo della Enciclopedia persiana di Futures. Ha pubblicato due articoli in inglese nel Journal of Futures Studies sugli scenari multipli di Iran e l'Asia, e ha scritto e tradotto (spesso con altri) più di dieci volumi in farsi.
Guiderà il workshop
Global and placeless brains: a third culture perspective
Abstract
Galileo and Darwin busted two big historical myths: the centrality of our planet and our species. Scientific progress and technological advances may help us bust yet another strong myth in which the majority of contemporary people still strongly and wrongly believe. This myth encourages the centrality of certain nation-states, cultures, languages, and in short the cherished mental model. It seems that most, if not all, of the particular mental models we are used to them to make sense of the world around us seek not only survival but also dominance. Genetics has already provided the clear insight into the diversity in genes, the material root that all Homo Sapiens share with each other. Any two people of the globe (estimate population about 6.7 billion in July 2008 ) differ from each other only 0.1% which is five times less than the amount of variation among chimpanzees (population just 125,000). Nonetheless, there is some incomparable diversity in memes that are the equivalents of genes in building mental models of, sometimes radically different, human populations. The human brains that incorporate the sticky ideas and memes are indeed evolving not only naturally but also artificially and thus their futures are changing and probable as opposed to being fixed and certain. Also, combined with the brain natural and artificial evolutionary events, a sustained rising demographic trend showing the multilingual and placeless people living among us suggests that in the long term future the average humans may accommodate simultaneously numerous mental models, identities and “cultural chunks” as well, maybe up to the magical cognitive number of Seven Plus Minus Two. The present day exceptional people will be the future normal people. Thanks to the information revolution the harbinger of such developments can now be identified. The Internet age Noosphere which sometimes is termed as the global brain has proved remarkably helpful to overcome the challenges of moving in the temporal-spatial matrix plus to remove the usual memetic barriers such as effective communication. Technical infrastructures and interfaces are vastly available and ready to be used; however, the education and deliberate growth of future placeless brains that will enjoy some increased memetical degrees of freedom may require first passing the psychological denial of technology applications and next encouraging shifts in the current dominant values systems through utilizing the amoralization/moralization mechanism as the most prominent and effective tool.
Salvatore Natoli
Professore ordinario di filosofia teoretica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Milano Bicocca. In particolare, Salvatore Natoli è il propugnatore di un neopaganesimo, cioè di un'etica che, riprendendo elementi del pensiero greco (in particolare, il senso del tragico), riesca a fondare una felicità terrena, nella consapevolezza dei limiti dell'uomo e del suo essere necessariamente un ente finito in contrapposizione con la tradizione cristiana.
Guiderà il workshop
Cittadinanza e diritti umani
Marino Niola
Professore all'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e successivamente in quelle di Padova e di Trieste, dove nel 1999 è stato tra i fondatori del primo Corso di Laurea italiano in Scienze e Tecniche dell'Interculturalità. Attualmente insegna presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa: Antropologia dei simboli, Antropologia culturale, Antropologia dell’alimentazione e Studio delle culture. Fa parte del direttivo dell’AISEA (Associazione Italiana per le Scienze Etno-Antropologiche) . A Novembre 2008 è nominato Presidente del Teatro Stabile di Napoli.
Guiderà il workshop
Con il pane e con il vino si fa il cammino
Mariella Pandolfi
Docente in antropologia presso l’Università di Montreal ma anche Visiting Professor nelle Università di Siena, Bologna, Tarragona, Harvard, Centre National de la Recherche Scientifique e Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. Ha introdotto in Italia l'antropologia medica nordamericana e l'etnopsichiatria francese. E' stata consulente delle Nazioni Unite e dell'IOM in Kosovo e Albania negli anni 1999-2001.
Guiderà il workshop
Governare la globalizzazione
Abstract
Sull’onda della fine del mondo bipolare complesse e antagoniste figure del nuovo ordine mondiale occupano la scena della politica contemporanea . Da un lato osserviamo i “migranti”, immigrati legali e illegali, rifugiati, richiedenti asilo, spesso declassati a clandestini e confusi nelle reti internazionali della criminalità e del terrorismo, e tutta una serie di altre figure d'ombra sospese in campi, aree di trattenimento, centri di accoglienza, di detenzione extraterritoriale e extragiudiziaria e/o centri di identificazione. Dall’altro appaiono sempre più numerosi e opachi nei loro ruoli, la presenza di attori, che si sottraggono alle categorie relativamente chiare di cittadini, società civile e militari: forze armate internazionali di peace-makers, peace-keepers, e peace-builders sotto il comando delle Nazioni Unite o di intercambiabili "coalizioni di volontariato", gli “esperti-senza-confini” come le organizzazioni non governative, le agenzie governative e internazionali, o di auto-proclamato mandato di aiutare, consigliare, organizzare, il soccorso o lo sviluppo. Qualsiasi tentativo scientifico di analizzare questo nuovo scenario della politica internazionale, deve confrontarsi rapidamente con i limiti delle convenzionali categorie disciplinari. L'antropologia, ad esempio, non può affrontare queste nuove tipologie dell’ esperienza umana, senza comprendere le basi giuridiche, politiche, e materiali che caratterizzano le forme emergenti di autorità e di dominio, oltre, al di fuori e accanto al quadro concettuale della sovranità territoriale dello stato. Allo stesso modo, la teoria politica e sociale non può comprendere il significato di queste nuove forme di ordine, o meglio di disordine organizzato, senza ricorrere all’esplorazione etnografica delle pratiche, delle condizioni e delle esperienze proprie delle nuove figure della scena mondiale.
Giorgio Rembado
Preside nei licei dal 1982, si è sempre occupato della crescita professionale dei capi di istituto e del cambiamento istituzionale delle scuole. Dopo aver concorso a fondarla, è dal 1990, ininterrottamente, presidente dell’Anp, allora “Associazione nazionale presidi”, oggi “Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola”. Dal 1999 al 2003 ha presieduto la Federazione della Funzione pubblica aderente alla CIDA, passando infine alla presidenza della CIDA stessa. È direttore della rivista A&D Autonomia e dirigenza ed autore di numerose pubblicazioni a stampa su giornali e riviste di settore.
Tavola rotonda conclusiva
Milena Santerini
Ordinario di Pedagogia generale e Dottore di ricerca in Pedagogia presso l'Università Cattolica di Milano. Insegnamenti: Pedagogia generale, Pedagogia sociale e interculturale (Corso di Laurea in Scienze dell'educazione), Pedagogia della persona e delle emergenze educative (Laurea Magistrale in Scienze pedagogiche). Coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Direttore del Centro di ricerca sulle relazioni interculturali. Direttore scientifico del Master in "Formazione interculturale.Competenze per l'integrazione e l'inclusione sociale".
Tavola rotonda conclusiva
Saskia Sassen
Sociologa ed economista statunitense nota per le sue analisi su globalizzazione e processi transnazionali. Il successo dei suoi libri l'ha resa rapidamente una degli autori più quotati tra gli studi sulla globalizzazione. Dopo aver insegnato sociologia all'Università di Chicago, attualmente insegna alla Columbia University e alla London School of Economics. Secondo la Sassen, la globalizzazione dell'economia, accompagnata dall'emergere di modelli di potere transnazionali, ha profondamente alterato il tessuto sociale, economico e politico degli stati-nazione, di vaste aree sovranazionali e, non da ultimo, delle città.
Guiderà il workshop
The global city
Dada Shambhushivananda
Dr. Shambhushivananda, alias Dadaji, è il Cancelliere (Kulapati) di una rete neoumanista di educazione globale chiamata Gurukula [www.gurukul.edu], che gestisce oltre 1200 istituti scolastici in più di 80 paesi. E’ il Rettore del Seminario di Yoga e della Scuola Internazionale Superiore di Servizio Sociale in Svezia [www.cns-se.org]. E’ inoltre il Presidente del Global Subcommittee on Prout, il progressivo utilizzo della teoria [www.prout.org] proposto da ShriiP. R. Sarkar. Dr. Shambhushivananda ha conseguito un Dottorato di Ricerca in economia aziendale applicata presso la Wharton School of Business, School of Arts and Sciences, University of Pennsylvania (1978). E' stato un globetrotter dai primi anni ‘70 ed è stato relatore in numerosi forum in tutto il mondo. Come monaco yoga, il dottor Shambhushivananda scrive e parla su questioni legate alla pace nel mondo e la creazione di un mondo giusto e spirituale.
Giuderà il Workshop
Roots of societal transformation
Abstract
Roots of Societal Transformation lie in individual transformation and progressive collective movement. Most efforts at social transformation are structural, trying to make changes in society by changing social structures. Metamorphosed sentimental strategies or vocal revolutions can easily end up dispersing the energy of social change. However, a real social transformation grows from a transformation in the inner condition of individuals. If we examine those things which are praiseworthy in developed countries (the 8 hour work day, women's rights, pensions, medical care, etc.) we find that they were the result of a collective movement of individuals to oppose the structure and the societal systems which were unjust. This collective movement of individuals represented an inner transformation, a shift in consciousness which recognized that "my individual good lies in collective welfare and vice versa." A continuous process of thesis, anti-thesis and synthesis is the rotary force behind the evolving of the social cycle. Education today needs a new focus--aimed at liberation of human intellect. Nerohumanist Education should go beyond dogmas in science, psuedo-culture, neo-imperialism and limitations of nation-states. The future of education lies in integrating the inner consciousness with renaissance in all walks of life. Education for liberation will develop the feeling of solidarity and gratitude within coming generation. Only when the inner transformation and welfare are the summum bonum of society and of the education system can Societal Transformation happen through the governmental and societal systems rather than in opposition to them.
In this workshop Dr. Dada Shambhushivananda will explore the different facets of neohumanist education futures along with all participants.
Giulia Sissa
Ricercatrice del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, fa parte del laboratorio di Antropologia Sociale del Collège de France, ed è stata visiting professor presso l'Università di Rouen. Laureata in Lettere Classiche all'Università di Pavia, ha conseguito il Diplome d'Etudes Approfondies presso l'Ecole des Hautes Etudes di Parigi. I suoi studi toccano la scienza e la medicina antiche, la filosofia e la mitologia greca, la storia della sessualità nell'antichità e nei primi anni del cristianesimo.
Guiderà il workshop
Da Atene all'utopia: politica e piacere
Jean Louis Ska
Studioso di filosofia a Namur (Belgio), teologia a Francoforte (Germania) ed esegesi biblica al Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove ha conseguito il dottorato in sacra Scrittura nel 1984. Nel 1964 è entrato nella Compagnia di Gesù. Tiene corsi sul Pentateuco nello stesso Istituto biblico dal 1983. Ha pubblicato numerose opere, articoli e recensioni in diverse riviste.
Terrà la prolusione al convegno, dal titolo:
Una città e una torre (Gn. 11,1-9)"
Abstract
Genesi 11,1-9 è tradizionalmente intitolato "La torre di Babele" e il racconto è annoverato fra i molti episodi biblici che rientrano nella categoria dei racconti di "delitto e castigo". Sempre secondo l'esegesi tradizionale, il racconto descrive un'impresa umana macchiata sin dall'inizio dalla presunzione. Gli uomini uniscono le loro forze e cercano di raggiungere il cielo costruendo una torre altissima. Dio reagisce, come ben si pensa, e per condannare l'impresa al fallimento, confonde le lingue degli uomini che non riescono più a capirsi, abbandonano di conseguenza la loro impresa temeraria e sono dispersi su tutta la terra. L'esegesi tradizionale s'imbatte però in una difficoltà maggiore. Perché parlare solo della torre e non della città che gli uomini costruiscono insieme? Cercherò di mostrare che il nostro racconto è, in realtà, una critica ironica di un sogno testimoniato in Mesopotamia, in particolare sotto l'impero neo-assiro: unire diversi popoli sotto l'egida di un potere, quello neo-assiro. Il racconto biblico di Genesi 11,1-9 critica questo sogno totalitario e imperialista, e afferma che non si può sopprimere la diversità di lingue e di culture senza danneggiare il disegno del creatore, vale a dire la natura stessa della creazione e dell'umanità.
Claudia Sorlini
Docente di Microbiologia per il Corso di Laurea in Biotecnologie Agrarie Vegetali presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano e coordinatrice del dottorato in Chimica, Biochimica ed Ecologia degli antiparassitari. E’ autrice di numerose pubblicazioni (Normal) ed editor in chief della rivista internazionale Annals of Microbiology. Membro del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF). Responsabile di un progetto per la costituzione al Cairo di un centro di alta formazione e ricerca nel settore agri-food in zone aride.
Guiderà il workshop
Agricoltura e alimentazione
David Sutcliffe
Laureato in lingue moderne dell'Università di Cambridge. Dopo un anno in Francia, ha trascorso quattro anni insegnando a Salem nel sud della Germania e un anno alla Gordonstoun School, prima di essere invitato da Desmond Hoare ad entrare nello staff della Fondazione Atlantic College. Dopo aver diretto per molti anni lo United World College of the Atlantic nel Galles, dal settembre 1982 è diventato direttore fondatore del Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico di Duino (TS), che ha lasciato ormai da alcuni anni.
I Collegi del Mondo Unito furono creati dall'educatore tedesco Dr. Kurt Hahn nel 1982. Oggi ne esistono 13 nel mondo. Anche se con alcune differenze tra l'uno e l'altro, tutti si rivolgono a giovani di età compresa tra i 16 e i 19 anni, cui forniscono gli ultimi due anni di scuola secondaria. La maggioranza di questi studenti gode di borse di studio ed è selezionata da 130 comitati nazionali. Il corso di studi porta al Baccalaureato internazionale e inoltre tutti i Collegi offrono programmi di educazione fisica, culturale e di servizio alla comunità.
Tavola rotonda conclusiva
Roberto Toscano
Già Ambasciatore d'Italia in India dal 2008, dopo essere stato per cinque anni (2003-2008) Ambasciatore d'Italia in Iran. Fino al 2003 è stato Capo dell'Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari esteri italiano e ha presieduto il "Development Assistance Committee network on conflict, peace, and development co-operation" dell'OCSE. In precedenza ha prestato servizio, come diplomatico di carriera, in Cile, URSS, Spagna, Stati Uniti e alla Rappresentanza Permanente d'Italia presso le Nazioni Unite a Ginevra. Ha una laurea in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Parma e un MA presso la "School of Advanced International Studies" della Johns Hopkins University, che ha frequentato come borsista Fulbright. Nel 1987-88 è stato Fellow presso il "Center for International Affairs" dell'Università di Harvard. Dal 2000 al 2003 è stato visiting professor di relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università LUISS di Roma. Ha insegnato anche all'Università di Pisa. Nel 2011 trascorrerà un semestre al Woodrow Wilson International Center for Scholars (Washington D.C.) per una ricerca su Iran e democrazia. È autore di libri e articoli (in materia di diritti umani, mantenimento della pace, prevenzione dei conflitti, etica e relazioni internazionali), pubblicati in Italia, Stati Uniti, Francia, Spagna e India.
Tavola rotonda conclusiva
Thomas Uthup
Ricercatore presso l'Istituto Global Cultural Studies all'Università di Binghamton (SUNY), il dott. Uthup ha focalizzato la sua ricerca accademica sulle complesse relazioni tra cultura e politica, con particolare attenzione ai fattori religiosi - in particolare l'Islam - che influenzano il comportamento politico. Gli attuali studi del dott. Uthup comprendono la politica dell’Asia meridionale e mediorientale, religione e politica, la globalizzazione della società, e l'amministrazione dell’istruzione superiore (Ha lavorato nel campo dell'istruzione superiore come raccoglitore di fondi e amministratore della Syracuse University, New York, e Oberlin College, OH).
Guiderà il workshop
The role of International organizations in promoting global citizenship
Abstract
This workshop will discuss the current and future roles of international organizations to promote global citizenship. A preliminary understanding of global citizenship would indicate that global citizens care about the world and humanity, with special attention being paid to issues that require global attention and action. These issues, at minimum, may include peace, justice, sustainability, diversity, and human rights.
During this discussion, participants could focus on the following topics, particularly with reference to educating for global citizenship:
1) What is “global citizenship,” and what do international organizations currently do to promote it?
2) What are some practical initiatives that international organizations can do in the future, with partners, to promote global citizenship?
Gianni Vattimo
Filosofo e politico italiano,si è laureato in filosofia nel 1959 a Torino. Dal 1982 è ordinario di filosofia teoretica presso la stessa università. Ha insegnato come visiting professor negli Stati Uniti e ha tenuto seminari in diversi atenei del mondo. È stato direttore della Rivista di estetica, membro di comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere, socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, nonché editorialista per i quotidiani La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L'espresso. Attualmente dirige la rivista Tropos. Ha svolto attività politica in diverse formazioni: prima nel Partito Radicale, poi in Alleanza per Torino, successivamente nei Democratici di Sinistra (dal 25 aprile 1999 al 30 gennaio 2004), per i quali è stato parlamentare europeo, e nel Partito dei Comunisti Italiani. Nel 2005 è stato candidato da una lista civica a sindaco di una cittadina calabrese, San Giovanni in Fiore (Cs) Il 30 marzo 2009 ha annunciato la sua candidatura a parlamentare europeo nelle liste dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, rivendicando tuttavia le proprie origini comuniste, venendo eletto nella circoscrizione Nord-Ovest. Nelle sue opere Gianni Vattimo si è occupato dell'ontologia ermeneutica contemporanea, proponendone una propria interpretazione, che ha chiamato pensiero debole, in contrapposizione con le diverse forme di pensiero forte dell'Otto-Novecento: l'hegelismo con la sua dialettica, il marxismo, la fenomenologia, la psicanalisi, lo strutturalismo.
Salvatore Veca
Laureato in filosofia con una tesi sull'epistemologia kantiana presso l'Università degli studi di Milano nel 1966. Allievo di Enzo Paci e di Ludovico Geymonat, fin da giovane ha seguito due filoni di studio: da un lato l'interesse per il pensiero kantiano; dall'altro, la ricerca sulle varie ideologie del pensiero moderno. Attualmente Veca è vicedirettore e coordinatore dei corsi ordinari della Scuola Superiore IUSS, Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia, una delle scuole superiori ad ordinamento speciale italiane che valorizza l'eccellenza negli studi. Veca è anche il direttore della Scuola di Formazione Politica intitolata a Giovanni Ferrara, gestita dell'associazione Libertà e Giustizia, tenuta annualmente a Pavia presso il prestigioso Collegio Ghislieri. Salvatore Veca ha svolto un'intensa attività di consulenza e direzione editoriale.
Guiderà il workshop
Le culture nel tempo e un'idea di incompletezza
Abstract
Nel seminario mi propongo di suggerire una riflessione su due credenze che considero fallaci, a proposito della pluralità di culture, della loro incommensurabilità e della loro incompatibilità. In primo luogo, le culture sono spesso considerate come campi di credenze stabili e coerenti e ciò genera la falsa credenza che la distanza fra culture differenti equivalga alla distanza fra blocchi fissi. Questa credenza non prende sul serio gli effetti delle interazioni nel tempo fra persone che si identificano a vario grado in differenti culture. In secondo luogo, sono convinto che il semplice fatto della pluralità delle culture dovrebbe indurci a rifiutare l’idea che ciascuna cultura sia un dominio chiuso e saturo, dai confini definiti. La credenza nella saturazione dei campi culturali deve lasciare il posto al riconoscimento della essenziale insaturazione o incompletezza di qualsivoglia cultura.
Educare la cosmopolitismo richiede, in ogni caso, la critica e l’abbandono delle due credenze fallaci.
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